Dieci azioni per zero rifiuti. Intervista a Roberto Cavallo
25 Novembre 2013
In Italia, secondo il Rapporto Rifiuti Urbani 2013 pubblicato dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, la produzione di rifiuti solidi urbani nel 2012 e stata di 504 kg/abitante, contro i 528 kg/abitante del 2011, mentre la raccolta differenziata ha sfiorato il 40% (39,9%). Quindi buone notizie. Ma, aldilà dei numeri, cerchiamo di capirci qualcosa di più con Roberto Cavallo, curatore con ERICA soc. coop. di Dieci azioni per zero rifiuti.
Nel locale pattumiera appositamente adibito nel condominio dove abito mi capita di cogliere commenti del tipo: “tanto poi quando raccolgono, caricano su un unico automezzo e mischiano di nuovo tutto…”. Vogliamo sfatare una volta per tutte la (falsa) credenza popolare riguardo la raccolta differenziata?
È una domanda che ci si pone in tutta Italia. A volte questa domanda ha un fondamento: soprattutto dove le raccolte sono ancora fatte con un sistema stradale e il materiale che dovrebbe essere differenziato è così sporco da altri materiali che è controproducente inviarlo alle filiere del riciclo, l’addetto alle raccolte differenziate chiama così il collega che carica il contenitore con il camion del rifiuto residuo, ciò induce a pensare che davvero vada tutto insieme.
Accanto a questo aneddoto che è sempre meno frequente, registriamo invece in Italia un’industria del riciclo sempre più moderna, performante, all’avanguardia, tanto da essere uno dei pochissimi comparti che non solo ha resistito alla crisi, ma ha creato occupazione e reddito. Il libro Dieci azioni per zero rifiuti dà testimonianza di alcune di queste realtà.
La raccolta dell’umido grava in particolar modo sull’utenza domestica, mi riferisco ai disagi nel posizionamento del bidoncino e al costo dei sacchetti adatti al compost, la speranza dei cittadini è che questa operazione abbia, oltre al beneficio ambientale, anche un ritorno economico a livello comunale. È così?
La raccolta dell’umido, come altre raccolte, ha visto nel corso degli ultimi anni alcune migliorie tecniche da un lato e la crescita della filiera nel suo complesso dall’altro. Ciò ha fatto sì che alcuni dei disagi iniziali stiano diminuendo. Due esempi su tutti, testimoniati anche nel libro: la raccolta con mastelli aerati e sacchetti biodegradabili-compostabili, e l’introduzione del compostaggio collettivo condominiale. Nel primo caso si tratta di invenzioni tutte italiane, a tal proposito è importante sottolineare come l’Italia sia leader mondiale nella gestione dei rifiuti organici domestici e il loro recupero attraverso compostaggio di qualità. Le biopattumiere aerate e i sacchetti biodegradabili compostabili consentono una diminuzione delle frequenze con un contenimento dei costi da un lato e una diminuzione degli odori grazie a una preliminare disidratazione evitando le condense.
Il compostaggio collettivo, introdotto recentemente dal Nord Europa, permette di gestire in prossimità gli scarti umidi con una diminuzione dei costi per mancata raccolta e mancato trattamento. Infine, l’aumento della raccolta differenziata nel corso degli ultimi anni ha portato a una sensibile riduzione dei costi di trattamento. Purtroppo l’aumento di altri costi non sempre ha portato queste evidenze nelle tasche dei cittadini, ma molti comuni grazie a queste pratiche virtuose non hanno aumentato il prelievo fiscale. In ogni caso ogni chilo di rifiuto umido recuperato con il compostaggio comporta enormi benefici ambientali che purtroppo non si vedono direttamente nei bilanci famigliari, ma hanno uno straordinario valore che solo le prossime generazioni vedranno in tutta la loro evidenza.
Concentrare l’attenzione sulla riduzione dei rifiuti domestici, che rappresentano una percentuale molto bassa sul totale rifiuti prodotti, rischia di farci perdere l’occasione molto più importante di ridurre i rifiuti prodotti nelle nostre fabbriche e attività commerciali. Insomma, c’è il sospetto che spostare la preoccupazione dei cittadini per i rifiuti sui comportamenti individuali è esattamente dove le aziende vogliono arrivare. Cosa ne pensi?
A livello di impatto sociale questa affermazione potrebbe essere vera, ma se ragioniamo in ottica circolare e non lineare ogni chilo di rifiuto domestico non prodotto significa evitare in media sette chili di rifiuti industriali, 100 chili di risorse naturali non prelevate. In pratica l’industria non produce rifiuti industriali in funzione dei nostri comportamenti quotidiani, siamo tutti collegati in un’immensa rete interconnessa, dobbiamo abituarci a ragionare in termini complessi, come un grande tappeto dai mille fili colorati in straordinario equilibrio cromatico, ma se tiriamo un filo, lo tagliamo, il tappeto perde il suo equilibrio, la sua struttura. Come consumatori dobbiamo fare attenzione ai nostri acquisti e alla nostra pattumiera in questo modo diamo dei feedback all’industria, ma anche alla politica chiedendo a entrambe di metterci nella condizione di gestire al meglio i nostri scarti e dunque il nostro ambiente. L’industria è molto attenta ai nostri consumi, ricordiamolo sempre!
Un lato positivo dell’attuale crisi economica sembra essere una spinta verso un cambiamento culturale, mi riferisco, per esempio, alla tendenza al riuso, allo scambio, a riparare oggetti, agli acquisti di seconda mano. Cosa pensi di questi nuovi modelli di consumo?
Penso che è vera questa constatazione! La crisi ci ha portato verso comportamenti che ambientalisti, economisti, amministratori sensibili in qualche modo avevano preconizzato e sperato si intraprendessero come soluzioni virtuose. La crisi ha fatto in pochi anni quanto per decenni si era in qualche modo sperato. Ora abbiamo davanti una grande sfida: quella di non disperdere comportamenti “costretti” dalla crisi, facendoli diventare un cambio di paradigma, di abitudini quotidiane, facendo sì che l’auspicata uscita dalla crisi coincida con una nuova modalità di gestione dei nostri scarti avendo come obiettivo di ridurli a zero. Dieci azioni per zero rifiuti vuole provare a contribuire a questo cambiamento.
Dulcis in fundo, cosa fare di quello che sembra non riciclabile e buttiamo nell’indifferenziato?
Mi verrebbe da proporre ai lettori dell’intervista di acquistare il libro e leggere soprattutto i capitoli 9 e 10! Scopriranno innanzitutto che per quanto bene facciamo la raccolta differenziata si può sempre fare qualcosa in più: teoricamente potremmo arrivare oltre al 90%! In ogni caso moltissime amministrazioni sono già oggi oltre l’80% e avere a che fare con solo il 20% di una pattumiera peraltro già messa preliminarmente a dieta è decisamente più facile. Ancora una volta poi mi piace sottolineare come l’Italia sia all’avanguardia nella gestione dei rifiuti, e far scoprire come esistono industrie in grado di riprocessare l’indifferenziato recuperando ancora quantità significative di materiali (fino al 40%) e trattare meccanicamente la parte restante: già oggi siamo in grado di inviare a smaltimento finale poco più del 10% delle pattumiere domestiche!
Dieci azioni per zero rifiuti
Intervista a Roberto Cavallo
di Paola Fraschini
http://www.puntosostenibile.it