Nimby: biomasse ed eolico i più contestati tra i progetti a rinnovabili

27 Novembre 2017

Sono 43 le centrali a biomasse che hanno trovato opposizione sul territorio nel 2016. Sebbene meno numerose, le opere legate al petrolio restano però le più avversate: 81 i “no” a impianti di ricerca ed estrazione di idrocarburi. Il rapporto annuale dedicato alla cosiddetta “sindrome Nimby” in Italia.

I progetti che riguardano l’energia in Italia sono tra le opere meno accettate sul territorio, soprattutto quando si parla di biomasse e pale eoliche, anche se le più odiate restano le trivelle.

Su 359 impianti contestati in Italia nel 2016, il 56,7% è riconducibile al comparto energetico, seguito per avversione da quello dei rifiuti, al 37,4%.

Il dato arriva dalla nuova edizione dell’Osservatorio Nimby, cioè il rapporto annuale dedicato alla cosiddetta “sindrome Nimby”, cioè, dall’acronimo “not in my backyard” (non nel mio cortile), alle opposizioni territoriali alle varie opere infrastrutturali.

Il settore energetico vede le opposizioni orientarsi in maniera preponderante verso le rinnovabili (75,4%), ma questo, aggiungiamo noi, molto probabilmente perché per queste fonti i progetti sono molto più numerosi e diffusi rispetto a quelli del comparto delle fonti tradizionali.

Le opere più avversate tra quelle legate alle rinnovabili sono le centrali a biomasse (n. 43 impianti), seguite dalle strutture di compostaggio (n.20) e dai parchi eolici (n. 13).

Meno ricorrenti in termini assoluti, rispetto alle fonti rinnovabili, i progetti legati all’energia convenzionale hanno però il poco ambito podio della tipologia più contestata, che va agli impianti di ricerca ed estrazione di idrocarburi, che da soli assommano a 81 opere censite.

Sui rifiuti, spiega il rapporto, pesa il numero crescente di investimenti nella filiera del recupero dei rifiuti, moltiplicando le iniziative contestate: termovalorizzatori (n.37), discariche rifiuti urbani (n. 30) e discariche rifiuti speciali (n. 18) ricorrono tra i primi posti in questo comparto.

Tra le motivazioni che portano ad opporsi a un’opera, l’assenza di coinvolgimento ricorre al secondo posto, dopo le preoccupazioni per l’ambiente, con un trend di incremento progressivo ma costante: 14,6% nel 2014, 18,6% nel 2015, 21,3% nel 2016.

Il monitoraggio della stampa nel 2016 conferma il ruolo di assoluta centralità della politica, che – tra enti pubblici e partiti politici – trascina le contestazioni nel 50% dei casi censiti. Seguono le organizzazioni e i comitati dei cittadini, che pesano per un terzo sull’insieme dei soggetti promotori del “no”.

I ricorsi alla giustizia amministrativa sono tra gli strumenti più usati: nel 2015 un terzo degli impianti contestati aveva subito almeno una interruzione della procedura di autorizzazione a causa di ricorsi al Tar o al Consiglio di Stato.

A livello territoriale (vedi mappa) i casi di Nimby, mostra lo studio, seguono strettamente la distribuzione dei progetti: il “no” ricorre con maggiore capillarità nel Nord Italia (41%): Lombardia ed Emilia Romagna mantengono i primi posti, con rispettivamente 56 e 48 impianti contestati.

Con 32 impianti contestati (erano 6 nel 2014), la Basilicata rappresenta ormai un territorio di grande frizione tra imprese, politica e cittadini, tanto da surclassare regioni come Lazio (n. 30), Veneto (n. 28) e Sicilia (n. 26), assai più visibili nei confronti dei media e dell’opinione pubblica nazionale.

Rispetto al 2015, passa dal 15% al 20% il numero soggetti che si esprime a favore degli impianti. In ogni caso, le iniziative di comunicazione rimangono prerogativa degli oppositori (80%), i quali fanno leva in maniera meno frequente sui media tradizionali (25,7% nel 2016 vs 29,9% nel 2105).

La bilancia della comunicazione Nimby inizia così a pendere anche in favore dei social media, che passano dal 16,8% del 2015 al 22,9% del 2016 nella ricorrenza d’uso da parte dei contestatori.

 

[fonte: www.qualenergia.it]