End of Waste, i decreti che tutti aspettano: dal recupero rifiuti allo sblocco del biometano
12 Febbraio 2019
Prodotti assorbenti per la persona, rifiuti da costruzione e demolizione, plastiche miste e carta da macero. Ma anche oli di frittura, rifiuti da spazzamento, gomma vulcanizzata granulare, ceneri di altoforno e scorie di fonderia. Sono alcune tipologie dei 55 milioni di tonnellate di rifiuti, su un totale tra urbani, speciali e pericolosi di 165 milioni di tonnellate, pari quindi al 33% del totale complessivamente prodotto in Italia, che sono in attesa dei decreti End of waste (Eow) che semplificherebbero il loro riciclo e ridurrebbero il loro conferimento in discarica, negli inceneritori o il loro smaltimento illegale.
Una sollecitazione che arriva da Legambiente, organizzatrice del convegno “La corsa ad ostacoli dell’economia circolare in Italia” organizzato a Roma, condivisa e partecipata per la verità da vari membri del Parlamento, dal mondo industriale e dallo stesso Ministro Costa. Al centro l’importanza dell’economia circolare basata su riciclo, riuso e recupero dei rifiuti, che comporta meno sprechi ed emissioni e più occupazione. Dieci le proposte che l’associazione ambientalista ha lanciato oggi al Governo e al Parlamento, concentrate soprattutto nel rimuovere quegli ostacoli normativi che frenano il decollo di questo modello di sviluppo economico che trasforma i rifiuti da problema a risorsa.
“Il primo passo da fare – spiega Stefano Ciafani, presidente di Legambiente – è approvare al più presto i decreti End of waste. Il riciclo dei rifiuti va semplificato al massimo altrimenti il rischio di dover aumentare i rifiuti di origine domestica o produttiva in discarica, al recupero energetico o all’estero diventa sempre più concreto. È urgente anche che il ministero dell’Ambiente con una task force costituita velocizzi l’iter di definizione e condivisione dei decreti Eow, partendo dall’emanazione di una circolare per tutte le Regioni per confermare che la produzione del biometano da digestione anaerobica non ha nulla a che fare con la normativa Eow”.
“Per raggiungere però i nuovi target di riciclo dettati dalla normativa europea appena approvata – interviene Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – servono gli impianti, a partire da quelli di digestione anaerobica e compostaggio per il trattamento della frazione organica. Ad oggi quelli che ci sono intercettano appena 3 milioni di tonnellate, meno della metà di quanto raccolto. Considerando che nei prossimi anni la raccolta differenziata dell’umido aumenterà ancora, soprattutto al centro sud, è evidente la carenza impiantistica a cui siamo di fronte, con una forte disparità tra nord, dove è concentrata la quasi totalità degli impianti, e il centro sud dove sono praticamente assenti. Senza considerare che questa rete impiantistica consentirebbe la produzione di biometano, da immettere in rete o destinare a carburante e compost di qualità. Per arrivare a rifiuti zero in discarica o negli inceneritori serve realizzare mille impianti di riciclo e riuso. Non c’è altra soluzione”.
E anche qui gli impedimenti si imputano alla tradizionale impossibilità – tutta italiana – di procedere ad innovazioni snelle e veloci: in agricoltura la riconversione degli impianti di digestione anaerobica è per lo più impedita dagli ostacoli burocratici, che non consentono il raggiungimento del potenziale nazionale di 8 miliardi di quegli metri cubi di biometano utili a valorizzare gli effluenti zootecnici, i sottoprodotti agroindustriali e i secondi raccolti. Concorde il mondo industriale, che – attraverso le parole di Piero Gattoni, Presidente del CIB – Consorzio Italiano Biogas – afferma: “Dalla terra può partire un processo virtuoso di uso consapevole delle risorse, di riduzione delle emissioni in atmosfera, di riutilizzo degli scarti e di produzione di energia e di biocarburanti rinnovabili. Questa non è teoria, quando parliamo di biogas e biometano agricoli ci riferiamo alle tecnologie e al know-how di circa 1200 aziende che hanno investito negli ultimi dieci anni oltre 4,5 mld di euro nel tessuto economico del nostro Paese, dando vita a uno dei laboratori di economia circolare più importanti a livello europeo. L’attuale Governo – prosegue Gattoni – è sensibile ai nostri valori ma, purtroppo, dobbiamo segnalare l’esistenza di cortocircuiti burocratici che continuano a bloccare lo sviluppo del nostro settore. Chiediamo dunque al Ministro Costa di intervenire per sbloccare le potenzialità del più grande giacimento di energia verde italiana, che tanto può dare al nostro sistema energetico e alla nostra economia anche in termini di occupazione e di nuovi investimenti”.
[fonte: Italiaambiente]