“Rifiuti zero” per l’Italia è solo uno slogan. E i numeri del Rapporto rifiuti urbani dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), presentato oggi alla Camera, sono chiarissimi. Infatti dopo sei anni di decrescita, sotto 30 milioni di tonnellate, nel 2018 la produzione nazionale dei rifiuti urbani torna a superare tale cifra e si attesta a quasi 30,2 con un aumento del 2% rispetto al 2017.
La crescita è ancora maggiore se si guarda al dato pro capite: +2,2%, che in termini di quantità è pari a poco meno di 500 chilogrammi per abitante (548 al Centro, 517 al Nord, 449 al Sud). Cresce, per fortuna, anche la raccolta differenziata, raggiungendo il dato nazionale del 58,1%, con un incremento di +2,6 punti percentuali, ma siamo ancora lontani dal 65% previsto dalle norme Ue per il 2012, e questo perchè solo 7 regioni su 20 raggiungono l’obiettivo. Si tratta di Veneto (73,8%), Trentino Alto Adige (72,5%), Lombardia (70,7%), Marche (68,6%), Emilia Romagna (67,3%), Sardegna (67%) e Friuli Venezia Giulia (66,6%). Il Nord arriva così al 67,7%, il Centro al 54,1% mentre il Sud è molto lontano col 46,1%, malgrado un salto significativo di 4,2 punti nel 2018. In particolare in Sicilia (+7,8 punti) e in Molise (+7,7 punti), seguite dalla Calabria (+ 5,6) e dalla Puglia (+5). “Un miglioramento importante – segnala l’Ispra -, anche se non fa spostare le quattro regioni dalle ultime posizioni a livello nazionale”. La Sicilia, infatti, differenzia solo il 29,5%, il Molise il 38,4%, la Calabria il 45,2%, la Puglia il 45,4%.
E molto male, come prevedibile, sta anche il Lazio, col 47,3%, e un incremento dell’1,6%, inferiore alla media nazionale. L’ennesima Italia a due velocità che emerge anche dal sistema di smaltimento. In tutto il Paese sono 646 gli impianti di gestione dei rifiuti urbani attivi, più della metà, ben 353, sono al Nord, 119 al Centro e 174 al Sud. Oltre la metà di questi è dedicata al trattamento dell’organico: 339 impianti, dei quali 220 sono al Nord. C’è poco da stupirsi, dunque, se analizzando i flussi di rifiuti organici avviati fuori regione, i maggiori quantitativi derivano dalla Campania (circa 487mila tonnellate) e dal Lazio (oltre 270mila tonnellate), entrambe caratterizzate da una dotazione impiantistica non adeguata a quanto prodotto. Nel caso della Campania è il Veneto a ricevere la quota più considerevole dell’organico (49,7% del totale).
Per quanto riguarda il Lazio, è invece il Friuli Venezia Giulia la regione cui sono conferiti i quantitativi maggiori (pari al 48,7%), a seguire il Veneto (23,4%). Passando alle altre tipologie di smaltimento, I rifiuti urbani smaltiti in discarica, nel 2018, ammontano a quasi 6,5 milioni di tonnellate, facendo registrare, rispetto alla rilevazione del 2017, una riduzione nazionale del 6,4%. Solo nel Centro si è registrato un incremento (+4,3%), mentre sono scesi di oltre il 10% il Nord e del 9% il Sud. Nell’ultimo decennio il ricorso alla discarica si è ridotto del 60%, passando da 15,5 milioni di tonnellate a circa 6,5. Sono 127 le discariche che sul territorio nazionale hanno ricevuto rifiuti provenienti dal circuito urbano: 56 al Nord, 25 al Centro e 46 al Sud. Solo 18% dei rifiuti urbani prodotti è incenerito (5,6 milioni di tonnellate), con un aumento del 5,8% rispetto al 2017.
E anche qui le differenze saltano agli occhi. Infatti su 38 impianti operativi, il 68% si trova al Nord, in particolare in Lombardia e in Emilia Romagna. Tutto questo porta anche a costi molto diversi per i cittadini. Nel 2018, il costo medio nazionale annuo pro capite è stato di 174,65 euro/ab per anno (nel 2017 era 171,19). Al Centro i costi più elevati (208,05 euro), segue il Sud con (186,26 euro) e il Nord (154,47 euro).
[fonte: Avvenire.it]