Confindustria, senza impianti per gestire rifiuti in Toscana a rischio anche le produzioni

20 Maggio 2019

Grossi: «Facciamoli insieme alcuni impianti di smaltimento, privati e istituzioni pubbliche toscane»

Nel corso dell’assemblea pubblica dal titolo Infrastrutture, il coraggio delle scelte Confindustria Toscana Nord – che  ha confermato alla sua presidenza Giulio Grossi – ha dedicato particolare attenzione alle criticità che comporta per il tessuto imprenditoriale una dotazione impiantisca insufficiente alla gestione dei rifiuti speciali: non solo problemi di tipo ambientale, ma anche economico. «Un problema così grave e impellente da farci rischiare il fermo di molte delle nostre produzioni – ha esordito Grossi – Solo per considerarne una parte, settori cruciali per l’economia dell’area Lucca-Pistoia-Prato come il cartario, il tessile, il lapideo producono inevitabilmente scarti: complessivamente, da nostri calcoli, 250.000 tonnellate l’anno, senza contare quasi 1 milione di tonnellate di scarti di lavorazione derivanti dall’edilizia».

All’interno di un confronto che ha visto gli assessori della Regione Toscana Vincenzo Ceccarelli e Federica Fratoni, rispettivamente alle Infrastrutture e All’ambiente,  i presidenti di Ance nazionale Gabriele Buia, di Confservizi Cispel Toscana Alfredo De Girolamo e dell’Associazione Industriale Bresciana Giuseppe Pasini, Grossi ha premesso che «come imprese guardiamo con grande favore alla possibilità di sottrarre gli scarti di lavorazione al ciclo dei rifiuti, riutilizzandoli nella produzione, secondo quelli che sono anche gli indirizzi comunitari. Incrementare la quota di riutilizzo sarebbe un vantaggio per l’economia e per l’ambiente: si limita il ricorso a materiali vergini, ci sono meno rifiuti da smaltire e quindi meno impianti di smaltimento da realizzare. Questa è l’economia circolare. In questo modo, una parte degli scarti di produzione potrebbe avere lo status di sottoprodotto ed essere riutilizzata direttamente; la stessa positiva evoluzione potrebbe riguardare anche materiali già classificati come rifiuti, ma recuperati sulla base di apposite norme, cosiddette ‘end of waste».

Propositi virtuosi, questi, che si scontrano da un lato con la normativa sull’utilizzo dei sottoprodotti, che lascia ampi spazi di interpretazione ed è «guardata in Toscana con grande diffidenza dagli enti autorizzatori e controllori»; dall’altro, con il blocco a livello nazionale della normativa “end of waste” dopo la sentenza del Consiglio di Stato del 28 febbraio 2018 n. 1229, che solo pochi giorni fa ha visto intervenire il ministero dell’Ambiente su di un’unica categoria di rifiuto (prodotti assorbenti). Su entrambi gli aspetti Grossi ha richiesto la collaborazione della Regione Toscana, nel primo caso per una revisione dei propri orientamenti, nel secondo per promuovere assieme alle altre Regioni un’azione di pressione verso il ministero dell’Ambiente affinché restituisca alle Regioni il potere di autorizzare gli impianti di recupero, così come chiesto dalle categorie di settore. Mancano, inoltre, ha sottolineato Grossi, agevolazioni e incentivi che facciano decollare il riutilizzo di prodotti riciclati, da sgravi dell’Irap a benefici sulla fiscalità nazionale.

Anche dal riciclo però esitano scarti, come da ogni processo industriale, e dunque è necessario prevedere impianti di recupero energetico e smaltimento come previsto anche dalla gerarchia europea dei rifiuti. «Pur essendo per noi fondamentale la politica del riciclo – ha continuato Grossi – si deve tuttavia  avere l’onestà intellettuale di ammettere che non tutti gli scarti possono essere riciclati o recuperati a livello di materia. I rifiuti si generano inevitabilmente, per quanto virtuoso possa essere il ciclo produttivo», ha ricordato Grossi, sottolineando la mancanza di impianti di smaltimento finale, in particolare di impianti per il recupero di energia. Ha poi menzionato le difficoltà di raccogliere l’invito della Regione Toscana a realizzare gli impianti da parte di privati, viste le opposizioni delle amministrazioni locali che potrebbero essere superate solo attraverso l’individuazione, a livello regionale, di aree idonee e non sindacabili.

Per i progetti privati in corso di autorizzazione l’associazione auspica un buon esito, chiedendo alla Regione di trovare il modo di superare la contrarietà degli enti locali; al proposito l’assessore Fratoni ha ricordato che «stiamo valutando il progetto di pirogassificatore presentato dall’azienda Kme che prevede il riutilizzo degli scarti delle cartiere».

Per un approccio di più ampio respiro Grossi ha formulato: «Facciamoli insieme alcuni  impianti di smaltimento dei rifiuti. Facciamoli insieme noi privati e voi istituzioni pubbliche toscane, dalla Regione ai Comuni passando per le Province. Facciamoli insieme perché voi pubbliche amministrazioni avrete fra poco il problema di smaltire i rifiuti solidi urbani che già adesso collocate con fatica e costi crescenti per contribuenti. Proviamo a fare sinergia tra rifiuti urbani e rifiuti speciali». Un riscontro positivo nel merito è arrivato da Cispel, con una chiara disponibilità sottolineata da De Girolamo: «Lavoriamo e pianifichiamo insieme». Finora una sinergia tra Regione e imprese è stata trovata nell’ambito di un più efficace impiego di impianti esistenti, attraverso il primo “patto per l’economia circolare” che ha visto protagonista il distretto conciario di Santa Croce e il polo impiantistico di Scapigliato, gestito da Rea Impianti. Un caso di collaborazione virtuosa che si auspica possa essere replicato anche per altri comparti produttivi, ma perché ci sia spazio per tutti gli impianti dedicati alla gestione dei rifiuti ad oggi presenti sul territorio non bastano: ne occorrono di nuovi.

 

[fonte: greenreport.it]