«Il quantitativo di rifiuto organico inviato al di fuori della Regione è stato pari a 212,000 tonnellate (+35.4% rispetto al 2018» .
Una ‘cabina di regia’ istituita dalla Fondazione Cassa di risparmio di Firenze, che ha chiamato a raccolta personalità provenienti dal mondo dell’impresa, accademico e sociale, ha messo a punto 19 progetti per contribuire e delineare un Recovery plan toscano: progetti che riguardano tutte e sei le missioni in cui è suddiviso il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) per accedere ai 210 miliardi di euro previsti per l’Italia nell’ambito del Next generation EU. Tra questi, 4 abbracciano più o meno direttamente l’economia circolare e le sue criticità.
I progetti sono stati presentati ieri in un webinar condotto da Marco Buti, capo di gabinetto del Commissario europeo agli Affari economici Paolo Gentiloni, dal presidente della Fondazione Luigi Salvadori, dal direttore Gabriele Gori e dal professor Alessandro Petretto che ha coordinato i lavori. Sono intervenuti anche il presidente dell’Istituto universitario Europeo Renaud Dehousse, il presidente della Toscana Eugenio Giani, l’Assessore al coordinamento progetti Recovery Plan del Comune di Firenze Cecilia Del Re e il presidente Anci Toscana Matteo Biffoni. Un ampio interesse da parte del mondo politico dunque, anche perché – come spiega la stessa Fondazione – nel caso i cui «i progetti o parte di questi siano finanziati, sarebbe opportuno che i fondi affluiscano alla Regione Toscana in modo che questa possa inserirli in un apposito capitolo del bilancio e provvedere alla distribuzione dei pagamenti secondo le tempistiche che, in linea con gli standard europei, dovranno essere concordate».
Guardando alle proposte elaborate nell’ambito dell’economia circolare, una criticità spicca su tutte: la carenza di una dotazione impiantistica adeguata a gestire tutti i rifiuti che annualmente generiamo. Ovvero 2,2 milioni di tonnellate di rifiuti urbani e 9,8 di rifiuti speciali, che non sappiamo dove mettere: si stima infatti che almeno 8.760 tir carichi di spazzatura valichino ogni anno i confini regionali, con elevati costi ambientali (si pensi solo al relativo traffico e smog) oltre che per le aziende e per i cittadini (in termini di Tari più salate) per trovare impianti in grado di gestirli.
La Fondazione si concentra in particolare sul quantitativo di rifiuto organico inviato al di fuori della Regione Toscana, che è «pari a 212,000 tonnellate (+35.4% rispetto al 2018), di cui 104,000 tonnellate (49%) in Veneto, 64,000 tonnellate (30%) in Lombardia, ed oltre 22,000 tonnellate (10.4%) in EmiliaRomagna».
Per affrontare questo gap e farlo al contempo in un’ottica di recupero delle risorse, la Fondazione Cr Firenze propone in primis un impianto in grado di produrre «biochar (una sorta di carbone vegetale, ndr) da Forsu per l’agricoltura», passando da un impianto di essiccaggio e pirolisi da combinare biodigestori anaerobici; propone inoltre di creare «filiere per recuperare dagli scarti (soprattutto) delle filiere agricole per ottenere le materie prime seconde da cui ottenere il biochar per l’utilizzo nel terreno» agricolo.
Un altro progetto riguarda il possibile «recupero di carbonio rinnovabile e materie prime critiche da rifiuti speciali, industriali e da fanghi di depurazione», ad esempio fosforo dai fanghi urbani, silicio da quelli industriali, cromo dagli scarti di pelle, impiegando trattamenti termo-chimici dei rifiuti. Infine, la Fondazione si concentra sulla possibilità di produrre «crude oil (oli grezzi) da plastiche residuali», un progetto che sembra guardare da vicino l’ipotesi – in bilico ormai da anni – di realizzare un gassificatore nella raffineria Eni di Livorno.
E al proposito, il problema resta sempre il solito: per sapere se questa tipologia di impianti possa essere funzionale o meno al contesto toscano, sarebbe necessario avere una strategia complessiva da seguire anziché proporre i pur necessari impianti di volta in volta.
Lo stesso vale per l’organico: il ricorso all’export per carenza di impianti di prossimità è un problema ormai storico per la Toscana, sebbene in progressivo peggioramento, ma gli impianti in progetto per farvi fronte – ammesso e non concesso che arrivino alla fine dell’iter di permitting – sembrano ormai numerosi. L’impianto Geofor a Pontedera ad esempio è prossimo al termine dei lavori, mentre altri impianti per la gestione dei rifiuti organici (in quasi tutti i casi basati sulla biodigestione) dovrebbero nascere anche a Rosignano Marittimo (Scapigliato), a Peccioli (Alia e Belvedere), a Montespertoli (Alia), a Monterotondo Marittimo (Acea, già inaugurato) e a Livorno (Aamps).
Tanti, pochi? Con quali possibili convergenze con altre filiere industriali? Per rispondere in modo ragionato servirebbe un Piano regionale rifiuti e bonifiche (Prb), che però non sarà pronto a breve.
[fonte: greenreport.it ]