Fertilizzanti dai rifiuti urbani
8 Novembre 2016
Sono in arrivo i criteri operativi e le procedure autorizzative semplificate per il compostaggio di rifiuti organici nelle comunità (cioè condomini, associazioni, cooperative, ecc); in pratica si tratta della trasformazione in fertilizzanti di rifiuti solidi urbani di tipo organico. Le autorizzazioni potranno essere rilasciate a utenze domestiche o non domestiche, a cui sia stata delegata la gestione dei rifiuti organici perché in possesso delle apparecchiature necessarie. Il tutto è previsto in uno schema di decreto ministeriale, che ha incassato, il 2 novembre scorso, il parere favorevole, con osservazioni, del Consiglio di stato (numero affare 01889/2016). Il provvedimento, di fatto, realizza quanto previsto all’art. 38 della legge 221/2015, che ha modificato il Testo unico ambientale. Si tratta, dunque, di una buona notizia: il decreto, una volta varato, potrà dare nuova spinta al riciclaggio dei rifiuti e, quindi, alla riduzione del conferimento in discarica dei rifiuti biodegrabili; due obiettivi della legislazione europea e nazionale.
Il provvedimento innanzitutto ribadisce la definizione «compostaggio di comunità» di rifiuti organici, ossia il «compostaggio effettuato collettivamente da più utenze domestiche e non domestiche della frazione organica dei rifiuti urbani prodotti dalle medesime, al fine dell’utilizzo del compost prodotto da parte delle utenze conferenti». Il responsabile dell’ente collettivo autorizzato al compostaggio assume il ruolo di conduttore dell’attività, mentre l’ente dovrà dotarsi di un regolamento ad hoc per esercitare la relativa attività. In tema di disponibilità delle apparecchiature, secondo il Cds il decreto dovrebbe entrare nello specifico, comprendendo non solo la proprietà, il comodato ecc., ma anche qualsiasi diritto di godimento, incluso pwe esempio il leasing.
Ovviamente l’attivazione del compostaggio collettivo avrà un impatto sui sistemi di raccolta dei rifiuti e sul pagamento della tassa/tariffa dei rifiuti.
Per questo il decreto prevede una preventiva comunicazione al comune per l’avvio della messa in esercizio, almeno 30 giorni prima. Entro 15 giorni il Comune potrà poi intervenire qualora non ricorrano i presupposti. Anche su questo il Cds dice la sua, facendo notare come il decreto avrebbe dovuto essere meglio coordinato con la regolamento della SCIA (Segnalazione certificata di inizio attività), per definire più chiaramente i poteri di intervento dell’Autorità.
[italia oggi]