Il quadro nazionale dello smaltimento dell’immondizia è al passo con il resto d’Europa. Lo dice il rapporto Ispra. Sulla raccolta di olio lubrificante usato e batterie al piombo il nostro Paese fa meglio della Germania, ma ci sono ancora margini di miglioramento
Nella gestione e nello smaltimento dei rifiuti urbani, l’Italia è passata dall’essere il simbolo dell’emergenza a occupare una posizione di leadership su molti fronti in Europa. Lo sostieneLegambiente tramite il suo direttore generale, Stefano Ciafani e lo confermano i numeri dell’ultimo rapporto Ispra 2016, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale. Tra le ragioni di questa crescita, l’esaurimento progressivo delle discariche in tutta Italia e la promozione della raccolta differenziata di tante amministrazioni locali, insieme all’accresciuta attenzione da parte dei cittadini per i temi ambientali.
La posizione dell’Italia in Europa
Secondo i dati più recenti diffusi dall’ultimo rapporto Ispra, nel 2015 i rifiuti urbani smaltiti in discarica sono stati circa 7,8 milioni di tonnellate, il 16% in meno, pari a 1,5 milioni di tonnellate, rispetto all’anno precedente. “Oggi – spiega Stefano Ciafani, direttore generale di Legambiente – l’Italia occupa una posizione di leadership indiscussa su più fronti”. Secondo il direttore dell’organizzazione ambientalista il nostro Paese può, infatti, contare sulle buone gestioni di 1520 Comuni “ricicloni”, in cui vivono circa 10 milioni di persone, che sono stati premiati da Legambiente per aver superato il 65% di raccolta differenziata. “Rispetto all’Europa – continua Ciafani – la Penisola ha saputo mantenere un buon passo e in alcuni casi ha dimostrato di riuscire a fare meglio anche di Paesi europei che nell’immaginario collettivo sono migliori del nostro, a partire dalla Germania”. È il caso, ad esempio, della raccolta e del riciclo di rifiuti pericolosi come l’olio lubrificante usato o le batterie al piombo esauste, del sistema di gestione dei pneumatici fuori uso o dei rifiuti da imballaggio. In alcuni settori, secondo il direttore di Legambiente, l’Italia sarebbe riuscita ad anticipare gli altri paesi europei come nel caso del bando sui sacchetti di plastica tradizionale sostituiti dalle sporte riutilizzabili o dalle buste compostabili, creando un precedente normativo di successo ripreso successivamente da una direttiva europea.
Le realtà italiane più virtuose
All’interno del contesto italiano, emergono poi delle realtà particolarmente virtuose. “Milano – spiega Ciafani – ha dimostrato in questi anni come anche le grandi città possono fare la differenza in tema di gestione sostenibile dei rifiuti ed economia circolare”. Il capoluogo lombardo è, inoltre, la prima metropoli che ha domiciliarizzato anche la raccolta dell’organico. Con un milione e 200 mila abitanti serviti dal porta a porta, è la prima città in Italia e la seconda in Europa dopo Vienna. C’è poi Parma, con la raccolta domiciliare e il sistema di tariffazione puntuale, cioè il pagamento in base all’effettiva produzione di rifiuti dell’utenza domestica. “Abbiamo poi imprese – ricorda ancora il direttore di Legambiente – che riciclano rifiuti una volta considerati non riciclabili: è il caso del rifiuto urbano residuo nelle cosiddette ‘fabbriche dei materiali’, delle plastiche miste riciclate, fino a ieri avviate a incenerimento”. Esistono, poi, impianti unici come quello per recuperare materia dai pannolini usa e getta in provincia di Treviso per produrre elementi utili per la chimica verde dagli scarti agricoli e, per lo stesso obiettivo, da fonti rinnovabili a Porto Torres in Sardegna.
Margini di miglioramento
Secondo Ciafani, il recupero della raccolta differenziata delle frazioni organiche mediante compostaggio e digestione anaerobica per produrre biogas e biometano sarebbe ancora una nota dolente per l’Italia, soprattutto al centro-sud. Stando ai dati Ispra, nel 2015, circa 5,2 milioni di tonnellate di rifiuti urbani sono state recuperate tramite impianti di trattamento biologico dei rifiuti organici (+7% rispetto al 2014); di questi, quasi 3,4 milioni di tonnellate sono state avviate ad impianti di compostaggio, 1,6 milioni di tonnellate ad impianti di trattamento integrato anaerobico/aerobico, mentre poco più di 220 mila tonnellate sono trattate in impianti di digestione anaerobica. “Eppure – sostiene Ciafani – nonostante la filiera dell’organico racchiuda grandi potenzialità di sviluppo, presenta alcuni problemi da risolvere prima fra tutti l’uso dei sacchetti non compostabili per conferire i rifiuti organici”. La media italiana di materiali non conformi nella raccolta dell’umido sarebbe pari al 5,4% e le 215 mila tonnellate di ‘impurità’ presenti nell’organico che viene trasportato in impianti di compostaggio o digestione hanno un costo annuo, secondo il direttore di Legambiente, di circa 42 milioni di euro.
[fonte: sky tg24]