La produzione e gestione dei rifiuti urbani in Toscana, spiegata
14 Dicembre 2018
De Girolamo (Cispel): «L’economia circolare è fatta di riciclaggio ma anche di impianti capaci di gestire le frazioni non riciclabili e gli scarti, senza ricorrere all’export»
La Toscana segna altri buoni risultati nella gestione dei rifiuti urbani, secondo i dati 2017 recentemente pubblicati da Ispra, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale del Ministero dell’Ambiente, nel suo rapporto annuale.
Per prima cosa i rifiuti urbani si riducono, passando da 2,3 a 2,2 milioni di tonnellate, con una contrazione del 2,7% sul 2016, superiore alla media nazionale (1,7%). Risultato frutto delle politiche di riduzione ma anche di una scarsa ripresa dei consumi della popolazione toscana. Un risultato positivo sino ad un certo punto. Abbiamo ancora una produzione di rifiuti per persona elevato (600 kg ad abitante all’anno, secondi solo all’Emilia Romagna), determinata dall’elevato tasso di assimilazione e dai flussi turistici. Ma siamo passati da 616 a 600 in un anno, siamo sulla buona strada.
La raccolta differenziata è arrivata a quota 53,9% sul totale (+2,8%, era 51,1% nel 2016), una crescita importante anche se siamo ancora distanti dall’obiettivo del 65% definito dall’attuale legge. Il tasso effettivo di riciclaggio dovrebbe attestarsi intorno al 45%, quindi non distante dall’obiettivo della direttiva comunitaria del 50% al 2020. Colgono già l’obiettivo del 65% le province di Lucca (69%), Pisa (quasi 65%) e Prato (72,4%), vicina all’obiettivo ormai è la città metropolitana di Firenze (58,3%), tirano giù la media le province di Grosseto (34,1%), Arezzo (40,2%) e Livorno (43,7%). Il Comune di Firenze primeggia fra i capoluoghi regionali e le città di grandi dimensioni con il 50,8% (sotto Milano e Venezia, ma sopra Bologna). Insomma così come l’Italia, la Toscana sembra divisa a metà. Nel complesso la regione si colloca a metà classifica a livello nazionale, distante dai “campioni nazionali” (Lombardia, Veneto, Trentino e Friuli-Venezia Giulia) ormai sopra il 65%.
Ma il dato toscano appare importante se al posto delle percentuali guardiamo la quantità di rifiuto raccolto in forma differenziata e avviato a riciclaggio, pari a 1,2 milioni di tonnellate, con un valore pro capite pari a 324 kg/ab/anno, uno dei valori assoluti più alti in Italia, pari a quello della Lombardia che ha una raccolta differenziata del 69,9%. Per la sola frazione cartacea abbiamo la stessa raccolta pro capite del Veneto (285 kg/ab/anno).
La frazione organica raccolta in modo differenziato aumenta, e rappresenta il 40% del totale della differenziata, quasi 500.000 tonnellate. Gli impianti toscani ne assorbono tuttavia solo 350.000 tonnellate, il resto va fuori regione. Un problema da risolvere con la costruzione di nuovi impianti di digestione anaerobica e possibilmente di raffinazione di biometano. La frazione secca e gli imballaggi vanno a recupero grazie ad una filiera ben funzionante, con Revet e i nuovi accordi su plastica e vetro e il collegamento con il distretto cartario (che lamenta però la difficoltà a smaltire i propri fanghi, a fronte dell’assorbimento di 280.000 tonnellate di carta e cartone dai rifiuti dei toscani).
Il rifiuto indifferenziato (ridotto ormai a poco più di un milione di tonnellate e inferiore rispetto al 2016 di circa 100.000 tonnellate) va quasi tutto agli impianti di trattamento meccanico biologico (tmb), per un totale di 950.000 tonnellate. Ma si tratta di impianti intermedi. Il destino finale dei rifiuti indifferenziati invece è fatto di 270.000 tonnellate ad incenerimento (12,1%) e 723.000 a discarica (32,2%).
Gli impianti di termovalorizzazione rimasti attivi sono solo cinque (nel 2017 c’è ancora Pisa che oggi è chiuso, con le sue 35.000 tonnellate), e la loro capacità è circa la metà di quello che servirebbe a regime (fra il 25% ed il 30% secondo la nuova direttiva europea). La necessità dell’impianto nella area metropolitana di Firenze-Prato-Pistoia e dell’avvio di Scarlino appare sempre più confermata dai dati di Ispra.
Le discariche attive sono otto, e ricevono ormai solo rifiuti trattati, ma per una quantità ancora distante dall’obiettivo, il 10% del massimo, della nuova direttiva.
Sul piano dei costi, la Toscana spende per la gestione dei rifiuti urbani circa 800 milioni di euro nel 2017, (erano 795 nel 2016, sostanzialmente stabili), pari a 355 euro a tonnellate e a circa 213 euro ad abitante. La Toscana presenta ormai da anni il costo di raccolta indifferenziata più efficiente in Italia (65,6 euro tonnellata contro una media di 108), un buon costo di raccolta differenziata (119 euro a tonnellate contro una media di 137), un costo di smaltimento e trattamento dell’indifferenziato in linea con la media nazionale (132,9 euro tonnellate contro una media di 137,2). Buono il dato dei costi di capitale, che testimoniano degli investimenti in corso, pari a circa 10 euro a tonnellata, uno dei valori più alti del Paese.
Quel che resta da fare è chiaro: rafforzare un distretto del riciclaggio già forte, potenziando gli impianti di trattamento della frazione organica, con i nuovi impianti di digestione anaerobica in modo da ridurre l’export regionale. L’obiettivo del 65% di riciclaggio non è lontano, ma occorre uno sforzo di sistema (miglioramento della qualità della raccolta, potenziamento delle filiere industriali, incentivi, regole certe sull’end of waste). Realizzare l’impianto di termovalorizzazione previsto dalla pianificazione regionale e nazionale, in modo da raggiungere il fabbisogno necessario per portare la discarica gradualmente al 10% (inclusi scarti di raccolta differenziata e ceneri di incenerimento). L’economia circolare è fatta di riciclaggio, ma anche di impianti capaci di gestire le frazioni non riciclabili e gli scarti, senza ricorrere all’export. Sul piano economico i costi sembrano aver raggiunto una certa maturità, anche se gli investimenti saranno consistenti nei prossimi anni (fra i 500 e gli 800 milioni di euro).
di Alfredo De Girolamo (@degirolamoa) – presidente di ConfserviziCispel Toscana, per greenreport.it