Da ormai un anno, in tutto il mondo si usano mascherine e dispositivi di protezione individuale (DPI) contro il Covid-19.
Uno studio della University of Southern Denmark stima che nel 2020 siano state usate 129 miliardi di mascherine a livello globale ogni mese, ovvero 3 milioni al minuto. La maggior parte sono usa e getta realizzate con microfibre di plastica. Ma a differenza delle bottiglie di plastica non esistono linee guida su come smaltirle e riciclarle, essendo formate da diverse parti: il tessuto, che in realtà è composto da polipropilene, un materiale plastico, gli elastici e la barretta metallica da stringere sul naso. Inoltre mascherine e Dpi spesso finiscono per essere disperse in natura e nel mare, dove causano diversi problemi: per esempio i guanti possono essere scambiati per meduse da delfini e tartarughe, e se ingeriti portano l’animale a morte certa. Inoltre gli animali finiscono per incastrarsi con gli elastici ed essere limitati nel movimento, fino al soffocamento o all’impossibilità di nutrirsi. I DPI poi, quando si degradano, rilasciano microplastiche che vengono ingerite dai pesci che ritroviamo sulle nostre tavole, oppure possono essere trascinate dall’acqua sulla terraferma andando così a inquinare.
Come andrebbero smaltiti quindi questi rifiuti? Secondo molti esperti l’ideale è che finiscano all’inceneritore. Alcuni poi ritengono che dovrebbero essere considerati rifiuti pericolosi, in quanto potrebbero trattenere il virus per circa tre giorni, e per questo dovrebbero essere trattati come i rifiuti provenienti dagli ospedali, che vengono messi in sacchi e poi in contenitori che vengono raccolti e portati in impianti dedicati e autorizzati a smaltire questo genere di rifiuti. Alcuni ricercatori propongono di installare bidoni e punti di raccolta specifici per mascherine e DPI. In generale, bisogna buttare mascherine e guanti nel bidone dell’indifferenziata ed è consigliato tagliare gli elastici.
[fonte: https://laprovinciapavese.gelocal.it]