Timidi segnali di uscita dalla crisi economica e dopo un triennio di calo torna a crescere, pur di poco, la produzione dei rifiuti urbani. Un +0,3% tra il 2013 e il 2014. Un indicatore della ripresa dei consumi delle famiglie. Ma, per fortuna, parallelamente sale finalmente, e questa volta non di poco, la gestione ‘intelligente’ dei rifiuti. Pur con sei anni di ritardo l’Italia ha raggiunto lo scorso anno l’obiettivo Ue del 45% di raccolta differenziata (siamo al 45,2%), con un incremento del 3% rispetto al 2013. E non è solo merito del Sud. Mentre calano i rifiuti che finiscono direttamente in discarica, il peggior smaltimento sia da un punto di vista ambientale che energetico e economico.
Siamo ancora al 31%, un dato lontano da quelli di altri Paesi europei e che ha provocato non poche e onerose condanne della Corte Ue, ma la riduzione del 14%, pari a 1,6 milioni di tonnellate è sicuramente un buon risultato.
Eppure non basta, come si legge nell’enciclica Laudato si’:
«È la stessa logica “usa e getta” che produce tanti rifiuti solo per il desiderio disordinato di consumare più di quello di cui realmente si ha bisogno». Problemi, avverte Papa Francesco, «intimamente legati alla cultura dello scarto, che colpisce tanto gli esseri umani esclusi, quanto le cose che si trasformano velocemente in spazzatura». Così, denuncia Bergoglio, «la terra, nostra casa, sembra trasformarsi sempre più in un immenso deposito di immondizia. In molti luoghi del pianeta, gli anziani ricordano con nostalgia i paesaggi d’altri tempi, che ora appaiono sommersi da spazzatura».
E allora ben venga, come auspica Papa Francesco in molti passaggi dell’enciclica, una sempre maggiore differenziazione e riciclo dei rifiuti. Non più ‘spreco’ ma ‘riutilizzo’. Su questo, il ‘Rapporto Rifiuti urbani 2015’, elaborato dall’Ispra, l’organo tecnico del ministero dell’Ambiente, segnala finalmente un’Italia più virtuosa. In valore assoluto, si legge nel documento presentato ieri, la raccolta differenziata si attesta a 13,4 milioni di tonnellate, con una crescita di 900mila tonnellate rispetto al 2013 (+7,2%). Nel Nord raggiunge 7,8 milioni di tonnellate, nel Centro 2,7 milioni di tonnellate e nel Sud poco meno di 2,9 milioni di tonnellate.
Numeri che corrispondono a diverse percentuali e conferma, purtroppo, un’Italia a doppia velocità, con un Nord più avanzato e un Sud più lento, anche se spicca il netto miglioramento della Campania, regione in perenne emergenza, per troppi anni simbolo della cattiva gestione. Abbiamo, infatti, un 56,7% per le regioni settentrionali, il 40,8% per quelle del Centro e al 31,3% per le regioni del Mezzogiorno. La crescita maggiore si rileva per le regioni del Centro pari all’11,7% (+283 mila tonnellate); al Sud è del 7,5% (+203 mila tonnellate) mentre al Nord del 5,6% (+412 mila tonnellate).
A livello regionale la più alta percentuale di raccolta differenziata è conseguita dal Veneto, con il 67,6%, seguita dal Trentino Alto Adige con il 67% (Figura 2.2.2). Entrambe le regioni superano, pertanto, l’obiettivo del 65% fissato dalla normativa Ue per il 2012. Al di sopra del 60% si colloca la percentuale di raccolta del Friuli Venezia Giulia (60,4%) e superiore al 55% è quella delle Marche (57,6%), della Lombardia (56,3%) e dell’Emilia Romagna (55,2%); si attestano a più del 50% il Piemonte (54,3%) e la Sardegna (53%).
Sono le stesse otto regioni, come rilevato pochi giorni fa dal Rapporto Anci-Conai, che, questa volta con sei anni di anticipo, hanno raggiunto anche l’obiettivo Ue del 50% di riciclaggio fissato per il 2020. Perché non basta raccogliere bene se poi non si recupera e ricicla il materiale raccolto. Ma l’importante è mettere in piedi una buona raccolta. Tra le regioni del Centro, oltre a quanto rilevato per le Marche, percentuali pari al 48,9% e al 44,3% si rilevano, rispettivamente, per Umbria e Toscana, mentre molto lontano col 32,7% (ma con una crescita di 6,2 punti rispetto al 26,5% del 2013) si attesta il Lazio. Al Sud, un ulteriore incremento del tasso di raccolta si rileva per la Campania e l’Abruzzo, le cui percentuali sono pari, rispettivamente, al 47,6% (44% nel 2013) e al 46,1% (42,9% nel precedente anno).
Molto male il resto del Sud: la Basilicata e la Puglia si collocano, rispettivamente, al 27,6% e al 25,9%, mentre pari al 22,3% è il tasso conseguito dal Molise. Malissimo, addirittura al di sotto del 20% risultano, infine, le percentuali di raccolta di Calabria (18,6%, comunque in crescita rispetto al 14,8% del 2013) e Sicilia (12,5%), la peggiore in assoluto con addirittura una contrazione rispetto al 2013, anno in cui la percentuale di raccolta si attestava al 13,3%. E differenziare e riciclare non è solo inquinare di meno coi rifiuti, ma anche evitare ulteriori emissioni di CO2 e quindi incidere sui mutamenti climatici. È quell’«economia circolare» di cui parla anche Papa Francesco. E che, come si legge sempre nel Rapporto Anci-Conai, grazie al riciclo dei rifiuti ha fatto risparmiare lo scorso anno a tutto il Paese ben 1.349.945 tonnellate equivalenti di CO2. Basterà?
La strada, almeno in una parte del Paese, sembra imboccata, ma l’Enciclica, ovviamente non parlando solo all’Italia, ulteriormente sprona: «Non si è ancora riusciti ad adottare un modello circolare di produzione che assicuri risorse per tutti e per le generazioni future, e che richiede di limitare al massimo l’uso delle risorse non rinnovabili, moderare il consumo, massimizzare l’efficienza dello sfruttamento, riutilizzare e riciclare». In questo senso molto interessante è, ad esempio, il forte aumento degli impianti di compostaggio che lo scorso anno sono arrivati a 279, con un incremento di 39 unità.
Anche per questo settore le differenze sono notevoli: 179 sono localizzati al Nord, 44 al Centro e 56 al Sud. Ma proprio il Mezzogiorno, anche per la raccolta della frazione organica, fa riscontrare segnali di recupero: se, infatti, al Nord l’aumento della raccolta è stato del 24,9%, al Sud, malgrado le regioni in forte ritardo, si è riusciti ad arrivare ad un +4,7%, mentre il Centro, con la ‘palla al piede’ di Roma, è addirittura calato del 2,5%. E ricordiamo che la frazione organica è lo ‘scarto’ per eccellenza, spesso cibo buttato via. L’ideale sarebbe non gettarlo, ma che almeno lo si ricicli, in particolare per l’agricoltura. Ancora una volta la sempre più necessaria ‘economia circolare’.
[Avvenire.it]